Shakespeare’s Narrative Sources: Italian Novellas and Their European Dissemination

1530 Semi-diplomatic

Hyſtoria Nouellamente Ritrouata di due nobili Amanti: Con la loro PietoſaMorte: Interuenuta gia nella Citta di Verona. Nel tempo del Signor Bartholomeo dalla Scala.

 

Alla belliſſima & leggiadra Madonna Lucina Sauorgnana.

 

POSCIA chio gia aſſai giorni con uoi parlādo diſſi di uoler una compaſſioneuole nouella da me gia piu uolte udita, & in Verona interuenuta iſcriuere, m’e paruto eſſere il debito in q̃ſte poche carte diſtēderla, ſi ᵱchele mie parole appo voi nō pareſſero vane: ſi ancho percħ a me che miſero ſono de caſi de miſeri amanti, di che ella e piena, ſi appartiene. & apreſſo al uoſtro ualore indrizarla. Accio che quantunque tra le belle donne a uoi ſimiglianti prudentiſſima ui conoſca, poſſiate legēdo la piu chiaramente uedere a quai riſchi, a quai traboccheuoli paſſi, a che crudelliſſime morti gli miſeri e catiuelli amanti ſieno il piu delle uolte d’Amore condotti, & ancho uolētieri alla uoſtra bellezza la mando. perche hauendo io fra me diliberato ch’ella ſiai l’ultimo mio lauorio in queſta arte: gia ſtāco & ſatio de eſſere piu fauola del uolgo; in uoi il mio ſciocco poetare finiſca. Etche come ſete porto di ualore, di bellezza & di legiadria, coſi della picciola barchetta del mio ingegno ſiate: la q̃l carca di molta ignorāza, d’Amore ſoſpita ᵱ li men ¸pfondi pelaghi della poeſia ha molto ſolcato, & che ella a uoi giugnēdo del ſuo rāderrore accorta poſſa ad altri cħ cō piu ſciēza e miglior ſtella nel gia detto mare nauigano; & temone & remi & uela donādo, diſarmata ſicuramente alle uoſtre riue legarſi. Prēdetela adūque Madōna nell habito a lei cōueneuole & leggettela volētier ſi ᵱ lo ſuggietto che e belliſſimo & pieno di pietate mi par ch’ ſia, come anco per lo ſtretto uincolo di conſangunitade & dolce amiſta, ch’e tra la perſona uoſtra: & chi ladiſcriueſſi ſi ritroua. Il qual ſempre con ogni riuerenza ui ſi raccomanda.

 

SICOME uoi ſteſſa uedeſte, mentre il cielo verſo me in tutt’ogni ſuo ſdegno riuolto nō hebbe nel bel principio di mia giouanezza al meſtier dellarmi mi diedi, & in quella molti grandi & ualoroſi huomeni ſeguēdo, nella diletteuole uoſtra patria del Friuli alcun anno mi eſſercitai. Per laqual ſecondo e caſi; quando priuatamēte hor qnci hor q­­ndi ſeruēdo mi era biſogno dādare. Haueua io per cōtinuo uſo caualcando di menar m­eco uno mio arciero homo di forſe cinquāt’anni pratico nell’arte & piaceuoliſſimo: & come q̃ſi tutti que di Verona (oue egli nacque) ſono, parlante molto & chiamato Peregrino. Queſti oltra cħanimoſo e eſperto ſoldato fuſſe leggiadro & forſe piu di quello, ch’agli anni ſuoi ſi ſaria cōuenuto Innamorato ſempre ſi ritrouaua, il che al ſuo valore doppio ualore aggiugneua; Onde le piu belle Nouelle, & cō miglior ordine, Et gratia ſi dilettaua di racōtare; & masſimamēte quelle che d’Amore parlauano; ch’alcun altro, ch’io udiſſi giamai, Per la qual coſa partēdo io da gradiſca, oue in allogiamenti mi ſtaua, & con coſtui, & due altri mei forſe de Amore ſoſpinto, uerſo Vdine uenēdo, la qual ſtrada molto ſolinga; & tutta per la guerra arſa e deſtrutta i quel tempo era, & molto dal penſiero ſoppreſſo & lontano da gli altri uenendomi, accoſtatomiſi il detto peregrino, come quello che miei, penſieri indouinaua coſi mi diſſe. Volete uoi ſemṕ in triſta uita uiuere? ᵱche una bella, crudele altramēte moſtrādo poco ui ami: Et ben che contro a me ſpeſſo dica, pure pche megllo ſi dāno, che nō ſi ritēgono i conſigli, ui diro. Patro mio, che oltra, ch’a uoi nell eſſercitio che ſiete, lo ſtar molto nella prigion d Amore ſi diſdica; ſi triſti ſon q̃ſi tutti e fini, a q̃li egli ci pduce, ch’e uno ᵱicolo il ſeguirlo Et in teſtimoniāza di cio, quād’a uoi piaceſſe; potre io una Nouella nella mia citta auenuta, che la ſtrada men ſolitaria, & men rincreſceuole ci faria, raccōtarui: ne la q̈le ſentireſte: come dui nobili amāti a miſera e piatoſa morte guidati foſſero. Et gia hauendo io fatto ſegno di udirlo uolentieri, egli coſi comincio.

 

Nel tempo che Bartholomeo dalla Scala Signore Corteſe e humaniſſimo il freno ala mia bella patria a ſua poſta & ſtrignea & rallētaua furono in lei, ſecondo che l mio padre dicea hauer udito due nobiliſſime famiglie per contraria fattione ouer particolar odio nemiche, l’una e Capeletti, l’altra e Montecchi nominata. Di una dele quali ſi eſtima certo eſſer queſti; che in Vdine dimorano, cioe Meſſ. Nicolo & m. Giouanni hora detti monticoli di Verona; per ſtrano caſo quinci uenuti a habitare. benche poco altro di quel deli antichi ſeco habbiamo in queſto loco recato, fuori che la lor corteſe gentilzza: & auegna che io alcue uecchie croniche leggēdo habbia queſte due famiglie trouato, che unite una ſteſſa parte ſoſteneano, non di meno come io la udi; ſenza altrimenri mutarla a uoi la ſporro. Furono adunq𝖟; come dico, in Verona ſotto il gia detto ſignor le ſopradette nobiliſſime famiglie di ualoroſi hōin i. & di ricchezza ugualmente dal Cielo, da la natura: & dalla fortuna dottate. Tra le quali, come il piu delle uolte tra le gran caſe ſi uede, che la cagion ſi foſſe, crudeliſſima nimiſta regnaua. per la qual gia piu homini erano, coſi dall una come dall altra parte morti; in guiſa che ſi per ſtāchezza, ſpeſſo per queſti caſi aduiene, come anco per le minacie del Signore, che con ſpiacere grandiſſimo le uedean nemiche, ſeran ritratte di piu farſi diſpiacere, & ſenza altra pace col tēpo in modo dimeſticate: che gran parte degli loro huomini inſieme parlauano. Eſſendo coſi coſtoro pacificati, aduiēne uno Carneuale ch in caſa di m. Antonio Capelletti huomo feſtoſo & Iocōdiſſimo, il qual primo dela famiglia era, molte feſte ſi fecero, & di giorno & di notte, oue quaſi tutta la citta cōcorreua: ad una dele quali una notte: com’e degli amāti coſtume: che le lor dōne: ſi come col cuore: coſi ancho col corpo: pur che poſſano: ouunq𝖟 uanno: ſeguono: uno giouane delli Montechi la ſua donna ſeguendo: ſi conduſſe: Era coſtui giouane molto belliſſimo: grande della perſona: leggiadro & accoſtumato aſſai: ᵱche trattaſi la maſchera: come ogni altro facea: & in habito di nipha trouādoſi: nō fu occhio ch’a rimirarlo non uolgeſſe: ſi per la ſua bellezza: che q̃lla dogni dōna auāzaua: che iui foſſe: agguagliaua: come per marauiglia cħ in quella caſa: maſſimamēte la notte: foſſe uenuto ma con piu efficatia, che ad alcun altro: ad una figliola del detto m. Antonio uenne ueduto: che egli ſola hauea. La quale di ſopranaturale bellezza & baldāzoſa & legiadriſſima era. Queſta ueduto il giouane con tanta forza nell animo la ſua bellezza riceuete: che al primo incōtro de loro occhi di piu nō eſſere di lei ſteſſa le parue. Stauaſi coſtui in ripoſta parte della feſta con poca baldanza tutto ſolo: & rade uolte in ballo, o in parlamento alcuno ſi tramettea: come quegli che d’Amore iui guidato con molto ſoſpetto ui ſtaua. Il che alla Giouane forte dolea: percio che piaceuoliſſimo udiua che egli era: & giocoſo. Et paſſando la mezza notte: & il fine del feſteggiare uenēd’ il ballo del torchio o del capello: come dire lo uogliamo: & che anchora nel fine delle feſte ueggiamo uſarſi, ſ’incomincio: Nel quale in cerchio ſtandoſi, l homo la dōna: & la donna l huomo a ſua uoglia permutādoſi: piglia. In queſta danza d’alcuna dōna fu il giouane leuato: & a caſo appreſſo la gia innamorata fanciulla poſto. Era dall altro canto di lei un nobile giouane Marcucio Guertio nominato: ilquale per natura coſi il Luglio come il genaio le mani ſempre frediſſime hauea Perche giunto Romeo Montechi: che coſi era il giouane chiamato, al manco lato della donna: & come in tal ballo ſe uſa la bella ſua mano in mano preſa, diſſe a lui quaſi ſubito la giouane forſe uaga d’udirlo fauellare. Benedetta ſia la voſtra venuta qui preſſo me Meſſ. Romeo. Alla quale il giouane, che gia del ſuo mirare accorto s’era, marauigliato del parlar di coſtei diſſe. come benedetta la mia venuta? Et ella riſpoſe, ſi benedetto il voſtro venire qui appo me: percio che voi almāco queſta ſtaca mano calda mi terrete: onde marcuccio la deſtra m’aggħiatia. Coſtui preſo alquanto d ardire ſegui. Se io a uoi con la mia mano la voſtra riſcaldo, voi co begli occhi il mio core accendete. La dōna dopo un breue ſorriſo ſchifando d’eēre con lui veduta, o vdita ragionare anchora gli diſſe. Io vi giuro Romeo ᵱ mia fe, che nō e qui dōna, la quale (come uoi ſiete) a gli occhi mei bella paia. Ala quale il giouane gia tutto di lei acceſo riſpoſe. Qual io mi ſia ſa o alla vȓa beltade (s’a quella nō ſpiacera) fe del ſeruo. Laſſato poco dopo il feſteggiare, & tornato Romeo alla ſua caſa conſiderata la crudelta della prima ſua dōna, che di molto languire poca mercede gli daua: dilibero (q̃do a lei foſſe aggrado) a coſtei (q̃tunq𝖟 de ſoi nemici foſſe) tutto donarſi. Dall altro cāto la giouane poco ad altro ch’a lui ſolo pēſando: dopo molti ſoſpiri tra ſe iſtimo lei douȓ ſemṕ felice eēre, ſe coſtui per ſpoſo hauere poteſſe: ma ᵱ la nimiſta; cħ tra l una & l alrra caſa era, cō molto timoȓ poco ſpeme di giugnere a ſi lieto grado tenea. Onde fra due pēſieri di continuo uiuendo a ſe ſteſſa piu uolte diſſe. O ſciocca me a qual uaghezza mi laſcio io in coſi ſtrano labirintho guidare? oue ſenza ſcorta reſtando uſcire a mia poſta non ne potro. Gia che Romeo montecchi non m’ama: percio che per la nimiſta, che ha co miei, altro che la mia uergogna non puo cercare: & poſto che per Spoſa egli mi uoleſſe: ll mio padre di darmegli non conſentirebbe giamai. Dapoi nell altro penſiero uenendo dicea, chi ſa forſe che per meglio paceficarſi ĩſieme queſte due caſe, che gia ſtāche & ſatie ſono di far tra lor guerra mi porria anchor uenir fatto d hauerlo in quella guiſa; che io lo diſio. Et in queſto fermataſi: comincio eſſerli d alcun ſguardo corteſe. Acceſi dunque gli due amāti di ugual fuoco l uno dell altro il bel nome, & l’effigie nel petto ſcolpita portando, dier principio quādo in chieſa, quando a qualche feneſtra a uagheggiarſi: in tanto che mai bene ne l uno ne l altro hauea: ſe non quanto ſi uedeano. & egli maſſimamēte ſi di uaghi coſtumi di lei acceſo ſi trouaua: Che quaſi tutta la notte con grandiſſimo periculo della ſua uita dinanci alla caſa de l amata dōna ſolo ſi ſtaua, & hora ſopra la feneſtra della ſua camera per forza tiratoſi, iui ſanza ch ella od altri lo ſapeſſe; ad udire lo ſuo bel parlare ſi ſedea: & hora ſopra la ſtrada giacea. Auenne una notte, come amor uolſe: la Luna piu del ſolito rilucendo che mentre Romeo era per ſalire ſopra il detto balchone: la giouane (o che cio a caſo foſſe, o che l altre ſere udito l’haueſſe) ad aprire quella feneſtra uenne, & fattaſi fuori lo uide: il quale credendo, che non ella, ma qualch’altro il balchone apriſſe, ne l ombra d’alcun muro fuggire uolea: onde conoſciutolo & per nome chiamatolo gli diſſe. Che fate qui a queſta hotta coſi ſolo? & egli gia riconoſciutola riſpoſe, quello che amor uuole. Et ſe uoi ui foſte colto diſſe la donna, non potreſte uoi morirci di legiero? Madonna riſpoſe Romeo ſi ben: che io ui potrei ageuolmēte morire, & mo:rouici di certo una notte, ſe non m’aiutate: ma perche ſon ancho in ogni altro luogo coſi preſſo alla morte come qui, procaccio di morire piu uicino alla ᵱſona uoſtra, che io mi poſſa: con la quale di viuere ſempre bramerei, quand’ al cielo & a uoi ſola piaceſſe. Alle qali parole la giouane riſpoſe: Da me non rimarra mai, che uoi meco honeſtamente nō viuiate: non reſtaſſe piu da uoi, o dala nimiſta che tra la uoſtra & la mia caſa ueggio. A cui il giouane diſſe, uoi potete credere che piu non ſi poſſa bramar coſa, di quel ch io uoi di continuo bramo: & per cio quādo a uoi ſola piaccia d’eſſere coſi mia; com’io d’eſſer uoſtro diſio, lo faro uolentieri: ne temo ch’alcuno mi ui tolga giamai. Et detto queſto meſſo ordine di parlarſi un’altra notte con piu ripoſo, ciaſcun dal loco ou’era ſi diparti Dapoi andato il giouane piu uolte per parlarle, una ſera, cħ molta neue cadea al diſiato loco la ritrouo, & diſſele. Deh perche mi fate coſi languire? nō ui ſtrigne pieta di me, che tutte notti in coſi fatti tempi ſopra queſta ſtrada ui aſpetto? Al qual la donna diſſe certo ſi che mi fate pieta: ma che uoreſte che faceſſi? ſe nō ṕgar che uoi ue ne andaſte. Alla quale fu dal giouane riſpoſto. che uoi mi laſſaſte nella camera uoſtra entrare, oue potremo inſieme piu agiatamente parlare. Allora la bella giouane quaſi ſdegnando diſſe. Romeo io tanto vi amo; quanto ſi poſſa perſona lecitamente amare, & piu ui conciedo di quello, che alla mia honeſta ſi conuerria: & cio faccio d amore co’l ualor uoſtro uinta. ma ſe uoi penſaſte o per longo uagheggiarmi, o per altro modo piu oltra come inamorato dell’Amor mio godere, queſto penſier laſciate da parte, che alla fine in tutto uano lo trouarete. Et per non tenirui piu ne pericoli, ne quali ueggio eſſere la vita uoſtra uenēdo ogni notte per queſte contrade, ui dico che quando a uoi piaccia di accettarmi per uoſtra donna, che io ſon prōta a darmeui tutta: & cō uoi in ogni luogo cħ ui ſia in piacere, ſenza alcun riſpetto uenire. Queſto ſolo bramo io diſſe il giouane; facciaſi hora, facciaſi riſpoſe la dōna: ma reintegraſi poi nella preſenza di frate Lorenzo da ſan Franceſco mio confeſſore ſe uolete che io in tutto & contenta mi ui dia. O diſſe a lei Romeo dunque frate Lorēzo da Reggio e quello, che ogni ſecreto de cuor uoſtro ſa? Si diſs’ella, & ſerbaſi per mia ſodiſfattione affar ogni noſtra coſa dinanzi a lui. Et qui poſto diſcreto modo alle loro coſe l uno dall altro ſi parti. Era queſto frate del’ordine minore di oſſeruantia Philoſopho grande, & ſperimentatore di molte coſe coſi naturali come magiche, & in tanta ſtretta amiſta con Romeo ſi trouaua, che la piu forſe in que tempi tra due in molti lochi non ſi ſaria trouata. Per cio che uolendo il frate ad un tratto & in bona oppenione del ſuo uolgo reſtare, & di qualche ſuo diletto godere gli era conuenuto per forza d’alcun gentillhomo della citta fidarſi: tra quali queſto Romeo giouane temuto, animoſo, & prudēte hauea eletto: & a lui il ſuo core; che a tutti gli altri fingēdo tenea celato, nudo hauea ſcoperto. Perche trouato da Romeo liberamēte gli fu ditto; come diſiaua d’hauere l’amata giouane per dōna: & ch’inſieme haueuano conſtituito lui ſolo douer eſſere ſecreto teſtimonio del loro ſponſalitio, & poſcia mezano a douer fare che l padre di lei a queſto d’accordo cōſentiſſe. Il frate di cio contento fu, ſi perche a Romeo niuna coſa haria ſenza ſuo gran dāno potuta negare, ſi ancho perche penſaua, che forſe anchora per mezzo ſuo ſaria queſta coſa ſucceduta in bene, il che di molto honore gli ſaria ſtato preſſo il Signore, & ogn’altro ch’haueſſe diſiato queſte due caſe ueder in pace. Et eſſendo la Quadrageſima, la giouane un giorno fingendo di uolerſi confeſſare al monaſterio di ſanto Franceſco andata, & in uno di que cōfeſſori, che tali frati uſano, entrata, fece frate Lorenzo dimandare. Il quale iui ſentendola per didentro al conuento inſieme con Romeo nel medeſimo cōfeſſoro entrato & ſerrato l’uſcio, una lama di ferro tutta forata, che tra la giouane & eſſi era, leuata uia diſſe a lei. Io vi ſoglio ſempre uedere uolētieri, ma hora piu che mai qui cara mi ſiete. Se e coſi che l mio Meſſer Romeo per voſtro marito uogliate. Al qual ella riſpoſe, Niuna altra coſa maggiormente diſio; che de eſſere legitimamente ſua: & percio ſono io qui dinanci al coſpetto voſtro venuta, del quale molto mi fido: accio che uoi inſieme con idio a quello, che d amore aſtretta uengo affare, teſtimonio ſiate, Allhora in preſenza del frate, che l tutto in confeſſione diceua accettare, per parole di preſente Romeo la bella giouane ſpoſo. Et dato tra loro ordine d’eſſere la ſeguente notte inſieme. baſciatiſi una ſola volta dal frate ſi dipartirno Il quale rimeſſa nel muro la ſua grada ſi reſto ad altre dōne cōfeſſare. Diuenuti gli due amanti nella guiſa che vdito hauete ſecretamente marito & moglie: piu notti del loro amore felicemēte goderono. aſpettando co’l tempo di trouar modo per lo qual il padre della donna ch’agli loro diſii eſſere contrario ſapeano; ſi poteſſe placare. Et coſi ſtando interuenne che la fortuna d’ogni mondan diletto nemica, nō ſo qual maluagio ſeme ſpargendo, fece tra le loro caſe la gia quaſi morta nimiſta riuerdire, immodo che le coſe ſotto ſopra andādo, ne Montecchi a Capelletti, ne Capelletti a Montecchi ceder volendo nella via del corſo ſe attaccarono vna volta inſieme. oue combattendo Romeo, & alla ſua donna riſpetto hauendo di percuotere alcuno della ſua caſa ſi guardaua, pur alla fine ſendo molti di ſuoi feriti, & quaſi tutti della ſtrada cacciati vinto dalla ira ſopra Thebaldo Capelletti corſo, che l piu fiero de ſuoi nemici parea, di un colpo in terra morto lo diſteſe: & gli altri che gia per la morte di coſtui erano ſmariti, in grandiſſima fuga riuolſe: Era gia ſtato Romeo ueduto ferire Thebaldo in modo che l’homicidio celare non ſi potea: Onde data la querella dinanci al ſignore ciaſcuno de Capeletti ſolamēte ſopra Romeo cridaua: Perche dalla giuſtitia in perpetuo di Verona bādito fu. Hor di qual core, queſte coſe vedendo, la miſera giouane diueniſſe, ciaſcuna cħ ben ami, nel ſuo caſo ponēdoſi, il puo di leggieri conſiderare. Ella di continuo ſi forte piagnea, che niuno la potea raccōſolare: & tāto era piu accerbo il ſuo dolore, quanto meno con perſona alcuna il ſuo male ſcoprire oſaua Dall altra parte al Giouane per lei ſola abbandonare il partirſi dalla ſua patria dolea. ne volendoſene per coſa alcuna Partire ſenza torre da lei lagrimeuole combiato, & in caſa ſua andare non potendo, al frate ricorſe. Al quale che ella venire doueſſe per vno ſeruo del ſuo padre molto amico di Romeo fu fatto a ſapere. Et ella vi ſi riduſſe. Et andati amen due nel confeſſoro aſſai la loro ſciagura inſieme pianſero. Pure alla fine diſſe ella a lui, che faro io ſanza di voi? di piu viuere no mi da il core, miglio fora che io cō voi ouunque ve ne andaſte: mi veniſſi. Io m’accorzaro queſte chiome: & come ſeruo vi verro dietro: ne d’altro meglio o piu fedelmente: che da me nō potrete eſſer ſeruito. Non piaccia a Dio anima mia cara:che quando meco uenire doueſte: in altra guiſa; che in luogo di mia ſignora ui menaſſi, diſſe a lei Romeo. Ma percioche ſon certo ; che le coſe non poſſono longamente in queſto modo ſtare; & che la pace tra noſtri habbia a ſeguire, onde anchora io la gratia del Signore di ligieri impetrarei, intēdo che uoi ſenza il mio corpo per alcun giorno ui reſtiate,che lanima mia con uoi dimora ſempre. Et poſto che le coſe, ſecōdo cħ io diuiſo non ſuccedano, altro partito al uiuer noſtro ſi prēdera. Et queſto diliberato tra loro abbracciatiſi mille uolte ciaſcun de loro piagnendo ſi diparti. La donna pregādolo aſſai, che piu uicino, ch’egli poteſſe, le uoleſſe ſtaȓ, & non a Roma o Firenze, come detto hauea, andarſene. Indi a pochi giorni Romeo che nel monaſterio di frate Lorenzo era fin allhora ſtato naſcoſto ſi partiā & a Mantoa come morto ſi riduſſe: hauendo prima detto al ſeruo della dōna, che cio che di lui ditorno al fatto di lei in caſa vdiſſe, al frate faceſſe di ſubito intendere, & ogni coſa operaſſe di q̃llo, che la giouane gli cōmādaua fedelmente, ſe il rimanēte del guiderdone ᵱmeſſogli diſiava d’hauere. Partito di molti giorni Romeo & la giouane ſempre lachrimoſa moſtrādoſi, il che la ſua grā bellezza faceua māchare, la fu piu fiate dalla madre, che teneramente l’amaua; con luſingheuoli parole addimandata, onde queſto ſuo piāto deriuaſſe. Di cendo o figliola mia da me al pari della mia uita amata, qual doglia da poco in qua ti tormenta? ond’e che tu un breue ſpatio ſenza piāto non ſtai? ſe forſi alcuna coſa brami, falla a me ſola nota, che di tutto, che lecito ſia ti faro cōſolata. Nōdimeno ſemṕ deboli ragioni di tal piāto dalla giouane rēdutogli furono: Onde pēſando la madre, cħ in lei uiueſſe diſio d’hauer marito, il quale per uergogna o per tema tenuto celato il pianto generaſſe, un giorno credēdo la ſalute della figliuola cercare, & la morte procacciandole col marito diſſe. Meſſer Antonio io ueggio gia molti giorni queſta noſtra fanciulla ſempre piagnere in modo ch’ella, come uoi potete uedere quella, ch’eſſer ſuole, piu non pare. Et auegna ch’io molto l’habbia dela cagione del ſuo pianto eſſaminata, ond’egli uenga, da lei percio ritrare non poſſo, ne da che ᵱceda ſapre io ſteſſa dire, ſe forſe per uoglia di maritarſi, la qual come ſai e fanciulla, non oſaſſe far paleſe: cio aueniſſe. Onde prima, che piu ſi cōſumi, diria cħ fuſſe bono di darle marito, che ogni modo ella deciotto anni q̃ſta ſanta Eufemia forni. Et le donne come queſti di molto trapaſſano, perdono piu toſto che auanzano della loro bellezza: oltra ch’elle non ſono mercatantia da tenire molto in caſa, quātunque io la noſtra in ueruno atto ueramēte non conoſceſſi mai altro cħ honeſtiſſima. La dote ſo che hauete gia piu di ᵱparata. ueggiamo dunque di darle cōdeceuole marito. Meſſer Antonio riſpoſe che ſaria bene il maritarla; & cōmendo molto la figliuola; che hauēdo queſto diſio, uoleſſe prima tra ſe ſteſſa affliggerſene, che a lui, o alla madre richieſta farne: Et fra pochi di comincio con uno di conti di Lodrone trattare le nozze, & gia quaſi per cōchiuderle eſſendo, la madre credēdo alla figliuola grandiſſimo piacer fare le diſſe. Rallegrati hoggimai figliuola mia, che fra pochi giorni ſarai ad un gran gentilhuomo degnamente maritata, & ceſſara la cagione del tuo gran pianto, la quale auenga che tu non me habbi voluto dire, pur per gratia di Dio l ho cōpreſa; & ſi col tuo padre ho operato, che ſarai compiaciuta. Alle quali parole la bella giouane non puote ritenere il piāto: Onde la madre a lei diſſe, credi ch’io ti dica bugia? non paſſarāno otto giorni che tu ſarai d un bel dōzello de la caſa di Lodrone moglie. La giouane a queſte parole piu forte raddoppiaua il pianto; Per il che la madre luſingandola diſſe, Dunque figliola mia non ne ſerai contenta? Alla quale ella riſpoſe, mai no madre che io non ne ſaro cōntenta. A queſto ſoggionſe la madre, che uorreſte adunq𝖟? dillo a me, che ad ogni coſa ᵱte diſpoſta ſono. Diſſe allhora la giouane morir vorei, non altro. In queſto madonna Giouanna, che tal nome hauea la madre, la qual ſauia donna era, compreſe la figliola d’Amore eſſere acceſa: & riſpoſtole non ſo che; da lei ſi ſeparo. Et la ſera uenuto il marito gli narro cio che la figliuola piāgendo riſpoſto le hauea. Il che molto gli ſpiacque, & penſo che foſſe benfatto, prima che piu innanzi le nozze di lei ſi trattaſſero, accio che in qualcħ uergogna non ſi cadeſſe, d’intēdere d’intorno a q̃ſto qual foſſe la oppenione ſua. Et fattalaſi un giorno uenire innāzi le diſſe, Giulietta, che coſi era della giouane il nome, Io ſono per nobilmente maritarti, non ne ſarai cōtenta figliuola? Al quale la giouane alquanto dopo il dire di lui taciutaſi, riſpoſe; Padre mio no, che io non ſaro contenta. Come voi donque nelle Monache entrare? diſſe il padre. Et ella meſſere nō ſo, & con le parole le lachrime un tempo mādo fuori. Alla quale il padre diſſe, queſto ſo che non vuoi: donate dūq𝖟 pace ch’io intendo d’hauerti in un di conti di Lodrone maritata. Al quale la giouane forte piangēdo riſpoſe, queſto non fie mai. Allhora M. Antonio molto turbato ſopra la ᵱſona aſſai le minaccio, ſe al ſuo uolere ardiſſe mai piu di cōtradire, & oltra queſto ſe la cagione del ſuo pianto non facea manifeſta. Et non potendo da lei altro che lachrime ritrare, oltra modo ſcōtento cō madōna Giouanna la laſcio, ne doue la figliuola l’animo haueſſe, accorgerſi poteo. Hauea la giouane al ſeruo, che co’l ſuo padre ſtaua, il quale del ſuo amore conſapeuole era; & Pietro haueua nome, cio che la matre le diſſe, tutto ridiſſe, & in preſentia di lui giurato, che ella anz’il ueleno uoluntariamente beueria, che prender mai, anchor che la poteſſe, altri che Romeo per marito. Di che Pietro particolarmente ſecōdo l’ordine ᵱ uia del frate n’hauea Romeo auiſato, & egli alla Giulietta ſcritto, che per coſa niuna al ſuo maritare non conſentiſſe; & meno il loro amore faceſſe aperto, che ſenza alcun dubbio fra otto o dieci giorni egli prenderia modo di leuarla di caſa del padre. Ma non potendo meſſer Antonio & Madonna Giouanna inſieme ne per luſinghe, ne per minaccie dalla loro figliuola la cagione perche non ſi voleſſe maritare, intēdere, ne per altro ſentiero trouando di cui ella innamorata foſſe, & hauendole piu fiate madōna Giouanna detto. Vedi figliola mia dolciſſima non piagnere horamai piu, che marito a tua poſta ti ſi dara, ſe quaſi uno de Montecchi voleſti, il che ſon certa che non vorai. Et la Giulietta mai altro che Soſpiri & Pianto non le riſpondendo in maggiore ſoſpetto entrati diliberorno di conchiudere piu toſto che ſi poteſſe le nozze, che tra lei & il Conte di Lodrone trattate hauea. Il che intendendo la giouane doloroſiſſima ſopramodo ne diuenne, ne ſapēdo che ſi fare la morte mille uolte al giorno diſiaua: pur di far intendeȓ il dolore a frate Lorēzo fra ſeſteſſa dilibero come a perſona, nella quale dopo Romeo, piu che in altra ſperaua, & che dal ſuo amante hauea udito che molte gran coſe ſapea fare. Onde a madōna Giouanna un giorno diſſe, Mia madre nō voglio che uoi marauiglia prēdiate, ſe io cagione del mio piāto non vi dico, percioche io ſteſſa non la ſo; ma ſolamente di continuo in me ſento una ſi fatta maninconia, che non che l’altrui, ma la ᵱpria uita noioſa mi rende: ne onde cio m’auēga, ſo tra me pēſare ne che a uoi o al padre mio dirlo: ſe da qualche peccato commeſſo, che io non mi ricordaſſe, queſto non m’aueniſſe: & perche la paſſata confeſſione molto mi giouo, io uorrei piacendo a uoi raccōfeſſarmi accioche queſta Paſqua di Magio che uicina, poteſſi in rimedio di mei dolori riceuer la ſuaue medicina del ſacrato corpo del noſtro ſignore, A cui madōna Giouāna diſſe, ch’era contēta. Et indi in due giorni menatala a ſan Franceſco dināzi a frate Lorenzo la poſe. Il quale prima molto ṕgato hauea, che la cagione del ſuo piāto nella confeſſione cercaſſe d’intēdere. La giouane, come la madre de ſe allargata uide, coſi di ſubito con meſta uoce al frate tutto il ſuo affanno raccōto; & per l’amore & cariſſima amiſta, che tra lui & Romeo ella ſapea ch’era: lo ṕgo: che a q̃ſto ſuo maggior biſogno aita porgere le uoleſſe. Alla quale il frate diſſe; che poſſo io fare figliuola mia in q̃ſto caſo? tanta nimiſta tra la tua caſa & quella del tuo marito eſſendo. Diſſe a lui la meſta giouane: Padre io ſo che ſapete aſſai coſe rare, & a mille guiſe me potete aitare, ſe vi piace: ma ſe altro bene fare nō mi volete cōcedetemi almeno queſto. Io ſento preparare le mie nozze ad un palagio di mio padre. il qual fuori di queſta terra da due miglia verſo Mantoua e oue menare mi debbono, accioche io men baldezza di rifiutare il nuouo marito habbia: & la doue non prima ſaro, che colui cħ ſpoſare mi deue, giugnera, datemi tanto veleno, che in vn ponto poſſa me de tal doglia, & Romeo da tanta vergogna liberare: ſe nō con maggior mio incarico & ſuo dolore vn coltello in me ſteſſa ſanguinero. Frate Lorenzo vdēdo l’animo di coſtei tale eſſere, & pēſando egli quāto nelle mani di Romeo anchor foſſe, il q̃l ſenza dubbio nemico gli diuerria, ſe a queſto caſo non prouedeſſe, alla giouane coſi diſſe. Vedi Giulietta io confeſſo (come ſai) la metta di queſta terra, & in buon nome ſono appo ciaſcuno, ne teſtamēto o pace ueruna ſi fa, ch’io non c’interuēga, per la qual coſa nō uorei in qulache ſcandolo incorrere, o che ſ’intendeſſe; ch io foſſe interuenuto in queſta coſa giamai per tutto l’oro del mondo. Pure perche io amo te; & Romeo inſieme, mi diſporro affar coſa, cħ mai per alcun altro non feci, ſi ueramēte che tu mi prometta di tenirmene ſempre celato. Al quale la giouane riſpoſe, Padre datemi pure queſto ueleno ſicuramente, che mai alcun altro che io lo ſapera. Et egli a lei. Veleno nō ti daro io figliuola che troppo gran peccato ſeria, che tu coſi giouanetta & bella moriſſi, ma quando ti dia il cuore di fare una coſa, che io ti diro, io mi uāto di guidarti ſicuramente dinanci al tuo Romeo. Tu ſai che l arca de tuoi capeletti fuori di q̃ſta chieſa nel noſtro cimitero e poſta, io ti daro vna poluere; la q̈le tu beuēdola per quarant’otto hore ouer poco piu o meno ti fara in guiſa dormire, che ogni huomo per gran Medico che egli ſia; non ti giudichera mai altro che morta. Tu ſerai ſenza alcun dubbio, come foſti di queſta vita paſſata, nella detta arca ſepellita, & io quādo tēpo ſie, ti verro a cauar fuori, & terroti nella mia cella, fin che al capitolo; che noi facciamo in Mantoua, io vada, che fie toſto, oue traueſtita nel noſtro habito al tuo marito ti menaro. Ma dimmi nō temerai del corpo di Thebaldo tuo cugino: che poco e: che iui entro fue ſeppellito? La giouane gia tutta lieta diſſe. Padre ſe per tal via peruenir doueſſi a Romeo: ſenza tema ardirei di paſſare per l’inferno. Horſu dunque diſſe egli: poi che coſi ſei diſpoſta: ſon contento d’aitarti: ma prima che coſa alcuna ſi faceſſe: mi parria che di tua mano a Romeo la coſa tutta intiera tu ſcriueſti; accio ch’egli morto credēdoti: in qualche ſtrano caſo per diſperatione non incorreſſi: perche io ſo, ch’egli ſopramodo t’ama. Io ho ſempre frati: che vāno a Mantoua: ou’egli: come ſai: ſi ritroua, Fa che io haggia la lettera: che per fidato meſſo a lui la mandero. Et detto queſto il buon frate: ſenza il mezo di quali niuna gran coſa a perfetto fine cōducerſi veggiamo: la giouane nel cōfeſſoro laſciata alla ſua cella ricorſe, & ſubito a lei cō vno picciolo vaſetto di poluere ritorno; & diſſe. Togli queſta polue, & quando ti parra nelle tre o nelle quatro hore di notte inſieme con acqua cruda ſanza tema la beuerai: che d’intorno le ſei cominciara operare: & ſenza fallo il noſtro diſſegno ci riuſcira: ma nō ſcordare percio di mādarmi la lettera, che a Romeo dei ſcriuere, che importa aſſai. La Giulietta preſa la poluere alla madre tutta lieta ritorno, & diſſele. Veramēte madonna che frate Lorēzo e il miglior cōfeſſor del mōdo. Egli m’ha ſi racōfortata, che la paſſata triſtitia piu nō mi ricordo. Madonna Giouāna per l’allegrezza de la figliuola men triſta diuenuta riſpoſe, in buona hora figliuola mia, farai ch anchora raccōſoli lui alle uolte con la noſtra elimoſina, che poueri frati ſono: & coſi parlādo ſe ne uenero a caſa loro. Gia era dopo q̃ſta cōfeſſione, fatta tutta allegra la Giulietta, immodo che M. Antonio & Madonna Giouanna ogni ſoſpetto ch’ella fuſſe inamorata, haueano laſſato: & credeuano ch’ella per ſtrano & maniconioſo accidēte haueſſe gli pianti fatti: & volētieri l’hariano laſſata coſi ſtare per all’hora ſenza piu dire di darli marito. Ma tāto dētro in queſto fatto erano andati, che piu tornare a dietro ſenza incarico nō ſe ne poteano. Onde uolēdo il conte di Lodrone, ch’alcun ſuo la dōna uedeſſe, ſendo madōna Giouāna alquāto cagioneuole della perſona, fu ordinato che la giouane accōpegnata da due zie di lei, a quel loco del padre, che hauemo nominato, poco fuori della citta andare doueſſe, al che ella niuna reſiſtentia fece, & andoui. Oue credendo che l padre coſi all’improuiſo l’haueſſe fatta andare per darla di ſubito in mano al ſecōdo ſpoſo, & hauēdo ſeco portata la poluere che l frate le diede, la notte vicina alle quatro hore chiamata vna ſua fante, che ſeco alleuata s’era, & che quaſi come ſorella tenea; & fattaſi dare una coppa d’acqua fredda, dicendo che per gli cibi della ſera auāti ſete ſoſtenea, & poſtole dētro la virtuoſiſſima poluere tutta la ſi bebbe, & dapoi in preſenza della fante & d’una ſua zia, che cō eſſa lei ſuegliata s’era, diſſe, Mio padre per certo contra mio volere nō mi dara marito s’io potro. Le dōne che di groſſa paſta erano; anchora che ueduto l’haueſſero bere la poluere; la quale per rifreſcarſi ella dicea porre nell acqua & vdite queſte parole non percio le inteſero, o ſoſpicorno alcuna coſa; & tornarono a dormire. La Giulietta ſpento il lume & partita la fante fingendo di leuare ᵱ alcuna opportunita naturale; del letto ſi leuo, & tutta de ſuoi panni ſi riueſti, & tornata nel letto, come s’haueſſe creduto morire coſi compoſe ſopra quello il corpo ſuo meglio che ella ſeppe, & le mani ſopra il ſuo bel petto poſte in croce aſpettaua che l beueraggio operaſſe: il quale poco oltra a due hore ſtette a renderla come morta. Venuta la mattina il ſole gran pezza ſalito eſſendo, fu la giouane nella guiſa, che detto u’ho ſopra il ſuo letto ritrouata; & eſſendo uoluta ſuegliare ma nō ſi potendo, & gia quaſi tutta fredda trouata la ricordandoſi la zia & la fante dell’acqua & della poluere che la notte beuuta hauea, & delle parole da lei ragiōate: & piu vedēdola eſſerſi ueſtita, & da ſe ſteſſa ſopra il letto a q̃l modo raccōcia, la poluere ueleno, & lei morta ſanza alcū dubbio giudicarono. Il rumore tra le donne ſi leuo grandiſſimo, & il pianto, maſſimamēte ᵱ la ſua fante, la qual ſpeſſo per nome chiamandola dicea. O Madonna q̃ſto e quello, che diceuate. Mio padre cōtra mia uoglia nō mi maritara. Voi mi dimādaſte con ingāno la fredda acqua, la q̃le la voſtra dura morte a me triſta apparecchiaua. O miſera me di cui prima mi dolero? della morte o di me ſteſſa? Deh ᵱche ſprezzaſte morēdo la cōpagnia d’una uoſtra ſerua; la quale uiuēdo coſi cara moſtraſte d’hauere, che coſi com’io ſemṕ con uoi uolentieri uiuuta ſono, coſi anco volentieri cō voi morta ſarei. O Madōna io con le mie mani l’acqua vi portai, accio ch’io miſera me foſſi in queſta guiſa da uoi abbandonata. Io ſola & uoi & me il uoſtro padre & la uoſtra madre ad un tratto hauero morto. Et coſi dicēdo ſalita ſopra il letto la come morta giouane ſtretta abbracciaua. M. Antonio, il quale non lōtano il rumore vdito hauea: tutto tramante nella camera della figliola corſe, & uedutala ſopra il letto ſtare, & inteſo cio che la notte beuuto, & detto hauea, quātunque morta la ſtimaſſe, pur a ſua ſatiſfattione ṕſtamēte per uno ſuo medico che molto dotto & pratico reputaua, a Verona mando. Il quale uenuto, & ueduta, & al quāto tocca la giouane diſſe lei eſſer gia ſei hore per lo beuuto veleno di q̃ſta uita paſſata, il che uedēdo il triſto padre in dirottiſſimo piāto entro, La meſta nouella all’ifelice madre in poco ſpacio di bocca in bocca peruenne. La quale de ogni calore abbādonata come morta cade, & riſentita con vn femminile grido quaſi fuori del ſenno diuenuta tutta ᵱcotendoſi chiamādo per nome l’amata figliola; empia di lamēti il cielo dicēdo Io ti ueggio o mia figliuola ſola requie della mia uecchiezza: & come me hai ſi crudele potuto laſciare ſanza dar modo alla tua miſera madre di udire le ultime tue parole? almen fuſs’io ſtata a ſerrare e tuoi begli occhi, & lauare il precioſo tuo corpo, come poi farmi intendere queſto di te? O cariſſime donne che a me preſenti ſete, aitatemi morire & ſe in uoi alcuna pieta uiue, le uoſtre mani (ſe tal officio ui ſi conuiene) pri ma ch al mio dolore; mi ſpēgano. Et tu gran padre del cielo, poi che ſi toſto come uorei, nō poſſo morire cō la tua ſaetta togli me, a me ſteſſa odioſa. Coſi eſſēdo d’alcuna dōna ſolleuata, & ſopra il ſuo letto poſta, & da altre con aſſai parole cōfortata non reſtaua di piāgere & dolerſi. Dapoi tolta la giouane dal loco, oue ella era, & a Verona portata con exequie grādi & horreuoliſſime da tutti e ſuoi parenti & amici piāta nella detta arca nel cimiterio di ſanto Franceſco per morta fu ſepolta. Hauea frate Lorēzo, il q̃le per alcuna biſogna del Monaſterio poco fuori della citta era andato. la lettera della Giulietta, che a Romeo douea madare, data ad un frate, che a Mātoua andaua, il quale giúto nella citta, & eſſendo due o tre uolte ala caſa di Romeo ſtato, ne per ſua gran ſciagura trouatolo mai in caſa, & non uolēdo la lettera ad altri, che a lui ¸pprio dare, anchora in mano lhaueua, quādo Pietro credēdo morta la ſua madonna quaſi diſperato nō trouādo frate Lorēzo in Verona, dilibero di portare egli ſteſſo a Romeo coſi fatta nouella quāto la morte della ſua dōna penſaua ch’eſſergli doueſſe: perche tornato la ſera fuori della terra al loco del ſuo patrone la notte ſeguēte ſi uerſo Mantoua camino; che la mattina per tēpo vi gionſe. Et trouato Romeo, che anchora dal frate la lettera della dōna riceuuta nō hauea, piangendo gli racconto, come la Giulietta morta hauea ueduto ſepellire, & cio che per lo a dietro ella hauea & fatto & detto tutto gli racconto. Il quale queſto udēdo pallido & come morto diuenuto, tirata fuori la ſpada ſi uolſe ferire per ucciderſi: pure da molti ritenuto diſſe. La vita mia in ogni modo piu molta longa eſſere nō puote, poſcia che la propria vita e morta. O Giulietta mia, Io ſolo ſono ſtato della tua morte cagione, perche (come ſcriſſi) a leuarti dal padre non uenni, tu per nō abbandonarmi morire voleſti. Et io per tema della morte uiuero ſolo? Queſto non fie mai, & a Pietro riuolto donatogli un bruno ueſtimēto ch’egli indoſſo hauea diſſe, Vattene Pietro mio. Quindi partito & Romeo ſolo ſerratoſi ogn’altra coſa men triſta; che la uita parendogli; quella che di lui ſteſſo fare doueſſe, molto penſo. Et alla fine come cōtadino, veſtitoſi; & una guaſtadetta di acqua di ſerpe, che di buon tēpo in vna ſua caſſa; per q̈lche ſuo biſognio ſerbato hauea: tolta, & nella manica meſſalaſi a venir uerſo Verona ſi miſſe: tra ſe pēſando ouer ᵱ mano della Giuſtitia (ſe trouato fuſſe) rimaner della uita priuato: ouero nell’arca: la quale molto ben ſapea dou’era con la ſua donna rinchiuderſi: & iui morire. A queſto vltimo penſiero ſi gli fu la fortuna fauoreuole che la ſera del di ſeguente che la donna era ſtata ſepellita in Verona, ſenza eſſer da perſona conoſciuto entro, & aſpettata la notte; & gia ſentēdo ogni parte di ſilētio piena uerſo il luogo di frati minori oue l’archa era ſi riduſſe. Era queſta chieſa nella cittadella, oue queſti frati in quel tēpo ſtauano; & auenga che da poi nō ſo come laſſādola veniſſero a ſtare nel borgo di ſan Zeno, nel luogo c’hora ſanto Bernardino ſi noma, pure fu ella dal ¸pprio ſanto Frāceſco gia habitata preſſo le mura della quale dal cāto di fuori erano allhora appoggiati certi anelli di pietra, come in molti luoghi fuori delle chieſe veggiamo, Vno de quali anticha ſepoltura de tutti e Capelletti era; & nel quale la bella giouāe ſi ſtaua. A queſto accoſtatoſſi Romeo, cħ forſe verſo le q̃tro hore potea eſſere, & come huomo di grā nerbo ch’egli era, per forza il coperchio leuatogli, & con certi legni che ſeco portati hauea in modo pontellato hauendolo, che contra ſua uoglia chiuder non ſi potea, dentro vi entro, & lo rinchiuſe. Hauea ſeco il ſuenturato giouane recata una lume orba per la ſua donna alquanto vedere, la quale rinchiuſo nella archa di ſubito tiro fuori, & aperſe. Et iui la ſua bella Giulietta tra oſſa & ſtrazzi di molti morti; come morta uide giacere, onde imantinente forte piagnendo coſi comincio. Occhi ch’agli occhi mie foſte mētre cħ piaq𝖟 al cielo, chiare luci, O bocca da me mille volte ſi dolcemente baſciata, o bel petto che l mio cuore in tāta letitia albergaſti, oue ciechi, muti; & freddi ui ritrouo? Come ſanza di voi veggio parlo o uiuo? o mi∮þa mia dōna oue ſei d’Amore condotta? il quale uuole, che poco ſpatio due triſti amāti, & ſpinga, & alberghi. Oyme queſto non mi ᵱmiſſe la ſperanza & quel diſio che del tuo amore prima mi acceſero. O ſuenturata mia uita a cħ piu ti reggi? Et coſi dicēdo gli occhi, la bocca, el petto le baſciaua ogn’hora in maggior piāto abōdando: nel qual dicea. O mura che ſopra a me ſtate, perche adoſſo di me cadendo non fatte anchor piu breue la mia uita? Ma percio che la morte in libertate di ogn’uno ſi uede, uiliſſima coſa per certo e diſiarla, & non ṕnderla. Et coſi l āpolla che con l acqua velenoſisſima nela manica hauea, tirata fuori parlando ſegui. Io nō ſo qual deſtino ſopra gli miei nemici & da me morti nello ſepulcro a morire mi cōduca, ma poſcia che o anima mia preſſo alla dōna noſtra coſi gioua il morire, hora moriamo: Et poſtaſi a bocca la cruda acqua nel ſuo ventre tutta la riceuete Dapoi preſa l’amata giouane nelle braccia forte ſtringēdola dicea. O bel corpo ultimo termine di ogni mio deſio ſ alcū ſentimēto dopo il partir dell aia ti e reſtato; o ſi ella il mio crudo morire uede, ṕgo che non li diſpiaccia, che nō hauendo io teco potuto lieto & paleſe uiuere, almē ſecreto & meſto io mora & molto ſtretta tenendola la morte aſpettaua. Gia era giūta l hora chel calor della giouane la fredda & potēte virtu della poluere doueſſe hauer eſtinta, & ella ſuegliarſi. Perche ſtretta & dimenata da Romeo nelle ſue braccia ſi deſto, & riſentita doppo vn gran ſoſpiro diſſe. Oyme oue ſono? che mi ſtrigne? miſera me chi mi baſcia? & credēdo che queſto frate Lorenzo fuſſe, grido. A q̃ſto modo Frate ſerbate la fede a Romeo? a q̃ſto modo mi cōducerete ſicura? Romeo la donna uiua ſentendo ſi marauiglio forte, & forſe di Pigmaleone ricordādoſi diſſe, Non mi conoſcete o dolce dōna mia? nō uedete che io il triſto ſpoſo uoſtro ſono per morire appo uoi da Mātoua qui ſolo & ſecreto uenuto? La Giulietta nel monimento uedēdoſi, & in braccio ad uno che dicea eſſere Romeo, ſentēdoſi, quaſi fuori di ſe ſteſſa era, & daſſe alquāto ſoſpintolo, & nel uiſo guatatolo mille baſci gli dono, & diſſe. Qual ſciochezza ui fece qua entro & con tāto pericolo entrare? non ui baſtaua per le mie lettere hauere inteſo, come io con lo aiuto di frate Lorenzo fingere morta mi douea, & che di breue ſarei ſtata con uoi? All’hora il triſto giouane accorto del ſuo gran fallo, incomincio. O miſeriſſima mia ſorte, o sfortunato Romeo o uia piu de tutti altri amāti doloroſiſſimo, Io di cio uoſtre lettere nō hebbi, & qui le racōto come Pietro la ſua non uera morte per uera gli diſſe, onde credēdola morta hauea per farle cōpagnia iui preſſo lei tolto il ueleno, il quale come acutiſſimo ſentia, che per tutte le mēbra la morte gli cominciaua mādare. La ſuenturata fanciulla queſto udendo ſi dal dolore vinta reſto; che altro cħ le belle ſue chiome & lo innocēte petto batterſi & ſtratiarſi fare non ſapea, & a Romeo; che gia reſupino giacea, baſciādolo ſpeſſo un mare delle ſue lachrime gli ſpargea ſopra, & eſſendo piu pallida che la la cenere diuenuta tutta tremante diſſe. Dunque nella mia ṕſenza & per mia cagione douete Signor mio morire? & il Cielo concēdera che dopo uoi, benche poco io uiua, miſera me almeno a uoi la mia uita poteſſi donare, & ſola morire. Alla quale il giouane con uoce lāguida riſpoſe. Se la mia fede, e’l mio amore mai caro ui fu uiua ſpeme mia, per q̃llo ui ṕgo, che dopo me non ui ſpiaccia la vita ſe non per altra cagione almen per poter pēſare di cui della uoſtra bellezza tutto ardēte dināzi a i bei uoſtri occchi ſi more. A queſto riſpoſe la donna; Se uoi per la mia finta morte morite; che debb’io per la uoſtra nō finta fare? Dogliomi ſolo che dināzi a uoi nō habbia il modo di morire, & a me ſteſſa, percioche tāto uiuo, odio porto: Ma io ſpero ben che nō paſſera molto, che come ſon ſtata cagione; coſi ſaro della uoſtra morte cōpagna, & con gran fatica queſte parole finite tramortita cade, & riſentitaſi andaua dapoi miſeramente con la bella bocca gli eſtremi ſpirti del ſuo caro amante raccogliendo, il quale uerſo il ſuo fine a gran paſſo caminaua. In queſto tēpo frate Lorenzo inteſo come & quādo la giouane la poluere beuuta haueſſe, & che per morta era ſtata ſepellita, & ſapēdo il termine eſſer giūto, nel quale la detta poluere la ſua uirtu finia; preſo uno ſuo fidato cōpagno forſe un’hora innāti il giorno all’archa uēne. Alla quale giugnendo, & ella piagnere & dolerſi udendo, per la feſſa del coperchio mirando; & un lume dentro uedendoui merauigliatoſi forte penſo che la giouane a qualche guiſa la lucerna con eſſa lei iui entro portata haueſſe, & che ſuegliata per tema di alcun morto, o forſe di non ſtar ſemṕ in quel loco rinchiuſa; ſi rimaricaſſe & piāgeſſe in tal modo: & con l’aita del cōpagno preſtamēte aperta la ſepoltura uide la Giulietta, la quale tutta ſcapigliata & dolente s’era in ſedere leuata & il quaſi morto Amante nel ſuo grēbo recato ſ’hauea, alla quale egli diſſe. Dunque temeui figliola mia ch’io qui dentro ti laſciaſſe morire? Et ella il frate vdēdo, & il piāto raddoppiādo riſpoſe. Anzi temo io, che voi con la mia vita me ne traggiate, Deh per la pieta di Dio riſerrate il ſepolchro, & andateuene in guiſa, ch’io mora; ouero porgetimi vn coltello, ch’io nel mio petto ferēdo di doglia mi traga. O Padre mio o padre mio ben mandaſte la lettera? Ben ſaro io maritata? Ben mi guidarete a Romeo. Vedetelo qui nel mio grembo gia morto: & raccontādogli tutto il fatto a lui il moſtro. Frate Lorēzo queſte coſe ſentendo come inſenſato ſi ſtaua; & mirando il giouane: il quale per paſſare diq̃ ſta all altra uita era, coſi dicēdo. O Romeo qual ſciagura mi t’ha tolto? parlami alquāto? drizza a me un poco gli occhi tuoi? O Romeo uedi la tua cariſſima Giulietta che ti ṕga cħ la miri; ᵱche non riſpondi? almeno a lei, nel cui bel grēbo tu giacci? Romeo al caro nome della ſua dōna alzo alq̃nto gli lāguidi occhi dalla vicina morte grauati, & uedutala gli richiuſe, & poco dapoi per le ſue mēbra la morte diſcorrēdo, tutto torgēdoſi fatto un breue ſoſpiro ſi mori. Morto nella guiſa; che diuiſato ui ho il miſero amāte dapoi molto pianto gia uicinādoſi il giorno diſſe il frate alla giouane. Et tu Giulietta che farai? La qual toſtamēte riſpoſe. Morromi qui entro. Come figlia mia diſs’egli nō dire q̃to; eſci pur fuori, che (q̃untunq𝖟 io nō ſappia che farmi di te) pur nō ti manchera il rinchiuderti in q̃lche ſanto Monaſterio, & iui ṕgar ſempre Dio per te & per lo morto tuo ſpoſo, ſe biſogno n’ha. Al qual diſſe la dōna. Padre altro nō vi dimādo che q̃ſta gratia, la quale per lo amore, che voi alla felice memoria di coſtui portaſte, & moſtrogli Romeo, mi farete uolētieri, & q̃ſto fia, di non far mai paleſe la noſtra morte, accio cħ gli noſtri corpi poſſano inſieme ſempre in q̃ſto ſepolchro ſtare: & ſe ᵱ caſo il morir noſtro ſi riſapeſſe, per lo gia detto amoȓ ui ṕgo cħ gli noſtri miſeri padri in nome de ambo noi uogliate ṕgare, che q̃lli gli quali amoȓ in vno iſteſſo foco, & ad vna iſteſſa morte arſe & guido; nō ſia loro graue in uno iſteſſo ſepolchro laſciare. Et uoltataſi al giacente corpo di Romeo, il cui capo ſopra uno origliere che con lei nell’archa era ſtato laſciato, poſto hauea gli occhi meglio rinchiuſi hauendogli & di lachrime il freddo uolto bagnādo gli diſſe. Che debbio ſenza te in vita piu fare Signor mio? & che altro mi reſta verſo te, ſe nō con la mia morte ſeguirti? niente altro certo. accioche da te dal qual ſolo la morte mi potea ſeparare, eſſa morte ſeparare non mi poſſa. Et detto q̃ſto la ſua gran ſciagura nell’animo recataſi & la ᵱdita del caro Amante ricordandoſi diliberando di piu no viueȓ raccolto aſſe il fiato & alq̃to tenutolo, & poſcia cō un gran grido fuori mandādo ſopra’l morto corpo morta ſi reſe. Frate Lorēzo dapoi che la giouane morta conobbe per molta pieta tutto ſtordito non ſapea egli ſteſſo cōſigliarſi; & inſieme col cōpagno dal doloȓ fino nel core paſſato ſopra e morti amāti piāgea Quādo ecco la famiglia del podeſta, cħ dietro alcủ ladro correa; vi ſopragiōſe, & trouatogli piāgere ſopra q̃ſto auello, nel q̃le una lucerna uedeano, q̈ſi tutti la, corſono: & tolti fra lor gli frati diſſero. Che fate qui Domini a queſta hora? fareſte forſe qualche malia ſopra queſto ſepolchro? Frate lorēzo ueduti gli ufficiali, & uditigli, & riconoſciutogli, haria uoluto eſſere ſtato morto, pur diſſe loro Neſſuno di voi mi ſ’accoſti, percio ch io uoſtro huomo non ſono, & ſe alcuna coſa uolete, chiedetela di lōtano. Allhora diſſe il loro capo. Noi uogliamo ſapere, percħ coſi la ſepoltura de Capeletti aperta habbiate, oue pur l altr’heri ſi ſepelli una giouane loro, & ſe non che io conoſco uoi Frate Lorēzo huomo di bona cōditione, io direi, che ſpogliare gli morti foſte qui venuti. Gli frati ſpento il lume riſpoſero. Quel cħ noi facciamo, nō ſaperai, che a te di ſaperlo nō appartiene. Riſpoſe colui. Vero e, ma dirolo al ſignore. Al q̃le frate lorēzo per diſᵱatione fatto ſicuro ſoggiōſe. Di a tua poſta, & ſerrata la ſepoltura co’l cōpagno entro nella chieſa Il giorno quaſi chiaro ſi moſtraua, quando e frati dalla sbiraglia ſi sbrigarono: onde di loro fu, che ſubito ad alcun de C[a]pelletti la nouella di q̃ſti frati raporto. I quali ſapēdo forſe ancho frate Lorēzo amico di Romeo, Furon ṕſto ināci al ſignore ṕgādolo che per forza, ſe nō altrimenti voleſſe dal frate ſapere quello; che nela loro ſepoltura cercaua. Il Signore poſte le guardie che l frate partire nō ſi poteſſe: mādo ᵱ lu, Il quale per forza venutogli dinanzi diſſe il ſignore. Che cercauate iſtamane nella ſepoltura de Capelletti? ditteloci che noi in ogni guiſa lo uogliamo ſapere. Al qual riſpoſe il frate. Signor mio io il diro a uoſtra ſignoria molto volentieri. Io cōfeſſai gia uiuendo la figliuola di Meſſer Antonio Capelletti, che l altro giorno coſi ſtranamēte mori: & ᵱcio che molto come figliuola di ſpirito l’amai, nō alle ſue eſſequie eſſendomi potuto ritrouare era andato addirle ſopra certe ſorte di orationi, le quali nuoue volte ſoura il morto corpo dette liberano l anima dalle pene del Purgatorio: & ᵱcio che pochi le ſanno o queſte coſe intēdeno, dicono e ſciocchi, ch’io per ſpogliar morti era iui andato. non ſo ſe io ſia q̃lche maſnadiero da far queſte coſe: a me baſta queſta poca di cappa & q̃ſto cordone; ne darei di quāto theſoro hāno e viui un niente, nō che de pāni di due morti: male fanno chi mi biaſmano in q̃ſta guiſa. Il Signore harria per poco q̃ſto creduto, ſe nō che molti Frati, i quali male gli uoleano, intendēdo come frate lorēzo era ſtato trouato ſop̈ q̃lla ſepoltura la uolſero aprire, & aᵱtala; & il corpo del, morto amāte dētro trouatole di ſubito cō grandiſſimo rumore al ſignore; che anchora co’l frate parlaua; fu detto come nella ſepoltura de Capelletti, ſopra la q̃le il frate la notte fu colto, giacea morto Romeo Mōtecchi. Queſto parue a ciaſcuno q̃ſi ῑpoſſibile, & ſomma marauiglia a tutti apporto. Il che vdēdo frate lorēzo, & conoſcendo nō poter piu naſcōdere q̃llo, che diſiaua di celare: in genocchioni dinazi al ſignore poſtoſi diſſe. Perdonatemi Signore mio ſe a uoſtra ſignoria la bugia di q̃llo, che ella m’ha richieſto diſſi, che cio non fu per malitia ne per guadagno alcuno, ma per ƥuare la ¸pmeſſa fede a due miſeri & morti amāti. Et coſi tutta la paſſata hiſtoria fu aſtretto preſenti molti raccōtargli. Bartholomeo dalla Scala queſto udēdo da gran pieta quaſi moſſo a piāgere uolſe gli morti corpi egli ſteſſo uedere, & con grādiſſima quātita di popolo al ſepolchro ſe n’ando: & tratto gli due Amanti, nella chieſa di ſanto Frāceſco ſopra due tapeti gli fe porre. In queſto tempo gli Padri loro nella detta chieſa uēnero, & ſopra loro morti figli piāgendo da doppia pieta uinti (auegna che inimici fuſſero) s’abbracciorono, in modo che la lōga nimiſta tra eſſi, & tra le loro caſe ſtata: & che ne prieghi d’amici, ne minaccie del Signore, ne danni riceuuti, ne il tēpo hauea potuto eſtinguere, per la miſera & pietoſa morte di queſti Amanti hebbe fine. Et ordinato un bel moniḿto, ſopra’l q̃le la cagione della lor morte i pochi giorni ſcolpita era, gli due Amāti cō pōpa grādiſſima & ſolēne dal ſignore, & parēti, & da tutta la Citta piāti & accōpagnati ſepolti furono. Tal miſero fine hebbe l amoȓ di Romeo & Giulietta come vdito hauete, & come a me pellegrino da Verona racconto. O fedel pieta che nelle dōne anticaḿte regnaui, oue hora ſe ita? in qual petto hoggi t’alberghi? Qual dōna farebbe al ṕſente come la fedel giulietta fece ſopra il ſuo Amāte morto? Quādo fie mai che di q̃ſta il bel nome dalle piu ᵱnte lígue celebrato non ſia? Quante ne ſariano hora, che non prima l’amāte morto veduto harebbono, che trouarne vn’altro ſi hariano penſato: non che elle gli fuſſero morte allato. cħ s’io ueggio, contr’ogni debito di ragione; ogni fede & ogni ben ſeruire obliādo alcune dōne quegli amāti, che gia piu cari hebbeno; nō morti ma alq̃to dalla fortuna ᵱcoſſi abbādonare. Che ſi dee credere cħ eſſe faceſſero dopo la loro morte. Miſeri gli Amanti di q̃ſta era, gli quali non poſſono ſperare ne per longa proua di fedel ſeruire, ne la morte per le loro donne acquiſtando, che elle con eſſo loro moiano giamai, Anzi certi ſono di piu oltra a quelle eſſere cari, ſe non quanto alle loro biſogne gli poſſono gagliardamente operare.

 

ABCD Quaderni.

Qui Finiſſe lo infelice Innamoramento di Romeo Montecchi Et di Giulietta Capelletti.

Stampato in la inclitta citta di Venetia Per Benedetto de Bendoni.